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Il mio ultimo romanzo
Fra il 1932 e il ’34 l’Unione Sovietica assiste alle prove generali del totalitarismo staliniano, in vista dei “Processi di Mosca” del ’36/38.
I cosidetti “kulaki”, spacciati dolosamente per contadini “ricchi” sono identificati con il nemico di classe da sterminare.
Inoltre il partito in Ucraina mostra troppa indipendenza per i gusti del dittatore paranoico e genocida Stalin.
I tre obiettivi vengono perfettamente centrati con la carestia creata dalla classe dirigente staliniana: in pratica le campagne della repubblica di Ucraina – dopo la Russia la più potente e ricca delle 15 repubbliche che formano l’URSS – viene messa a ferro e fuoco togliendo letteralmente il cibo dalla bocca di milioni di contadini. La gente si ritrova velocemente a morire di fame. Alla fine dei due terribili anni si conteranno 4.500.000 morti.
La vicenda al centro del romanzo racconta quelle pagine di storia fra le più desolanti intrecciando una storia di affetto familiare per una ragazzina sfuggita miracolosamente a quello sterminio; un giallo attorno alla scomparsa di un ufficiale della temibile OGPU (la polizia segreta agli ordini diretti del dittatore); diverse figure umane che abitano la campagna ucraina; una storia d’amore silenziosa fra i due altri protagonisti (assieme alla ragazzina): due ufficiali proprio dell’OGPU, incaricati d’indagare sulla sparizione del collega.
E saranno proprio loro due, grazie al profondo cambiamento di sensibilità e alla ritrovata umanità, a raddrizzare il percorso esistenziale proprio e dell’adolescente.
Dunque, una storia di terrore realmente operativo in quegli anni e in quell’immenso Paese, nonchè di salvezza grazie alla solidarietà e all’umanità: in tempi bui le uniche bussole per ritrovare la strada del vivere a misura di umani.

Holodomor
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